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Il capitalismo globalizzato nuoce gravemente alla salute.

Ο παγκοσμοποιημένος καπιταλισμός βλάπτει σοβαρά την υγεία σας.
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venerdì 1 aprile 2011

Due disastri provocati dall’uomo: Giappone e Libia.


di Johan Galtung. Fonte: unimondo

Uomo planetario Madre Terra, arrabbiata o no, ha mostrato la sua forza. Le placche tettoniche del Pacifico si muovono sotto quella del Giappone e gli urti hanno provocato il più grave terremoto della recente storia giapponese, di magnitudine 9.0.

Non inatteso, ma senza essere ancora capaci di prevedere esattamente quando e dove. Sembrano saperlo gli animali, ma con un breve margine d’avviso. Sono stati costruiti, mediante tonnellate e tonnellate di acciaio e cemento, edifici di grande altezza e 55 impianti elettronucleari di basso profilo, capaci di piegarsi come i rami del ciliegio che fanno scivolare via la neve fradicia. Flessibili e robusti. Ovunque edifici che possono oscillare a bassa ampiezza e bassa frequenza, ma alla fine ritti e illesi come prima, eccetto che per le cose cadute da armadi, scaffali e simili.

Edifici che oscillano su terreno oscillante per non esserne spazzati via. Un bel lavoro, fino a un certo punto. Ma gli ammonimenti di coloro che soffrirono il genocidio nucleare in due città, Hiroshima-Nagasaki, caddero nel vuoto. Costruirono quelle centrali per lo più lungo le spiagge per un facile accesso all’acqua del mare per il raffreddamento, ora più che mai necessaria. Questo nel paese che ha dato il nome alla super-onda del mare, tsunami. Ground Zero – una parola che come il terremoto oscura i maremoti – era a 130 Km dalla costa.

Lo tsunami – alto fino a 7 metri e alla velocità di 700 Km/h – ha colpito 650 Km di litorale. Avanzando lentamente, distruggendo tutto sul percorso, uccidendo, demolendo nell’entroterra la città di Sendai da un milione d’abitanti, rifluendo piano, trascinando con sé case, auto, camion, bus, aerei, fabbriche, cadaveri, esseri viventi allo stremo, spezzando ponti e strade e depositando il tutto donde veniva. Torna la calma nel Pacifico, fino alla prossima volta.